Emergenza Coronavirus: il datore di lavoro può imporre vacanze forzate al dipendente?

Professionalità e umanità al servizio della persona

Emergenza Coronavirus: il datore di lavoro può imporre vacanze forzate al dipendente?

Numerose sono le richieste di chiarimento che pervengono al nostro studio sia da parte di lavoratori che di datori di lavoro, in merito agli strumenti consentiti dal diritto del lavoro per affrontare l’attuale emergenza sanitaria da Coronavirus (COVID-19).

Una delle questioni che più vengono sollevate è se sia possibile o meno per il datore di lavoro imporre al proprio dipendente il godimento in natura delle vacanze maturate. E in alcuni casi anche di ulteriori!

Tale tipo di provvedimento pone diversi problemi.

La regola generale

La norma di riferimento è l’art. 329c del Codice delle obbligazioni (CO), il quale, oltre a stabilire che le vacanze debbano venire assegnate nel corso dell’anno lavorativo civile per un minimo di due settimane, prevede che

il datore di lavoro stabilisce la data delle vacanze considerando i desideri del lavoratore, per quanto sono compatibili con gli interessi dell’azienda e dell’economia domestica.

La norma, di per sé, non sembra fornire una risposta chiara al quesito di partenza. Infatti, se è vero che il datore di lavoro deve tener conto dei desideri del lavoratore nel determinare la data delle vacanze, è altrettanto vero che gli interessi dell’azienda possono prevalere, tanto più in una fase di emergenza sanitaria e quindi di crisi economica dell’impresa.

Vengono dunque in soccorso la dottrina e la giurisprudenza, che hanno avuto modo di specificare meglio il dettato normativo dell’art. 329c CO.

Le vacanze vanno organizzate per tempo

In primo luogo, il datore di lavoro è tenuto a organizzare per tempo le vacanze dei dipendenti, non potendo imporre al lavoratore il godimento di vacanze con breve preavviso. Nella prassi si parla di un minimo di tre mesi, termine che di certo in questa fase non può essere (e non viene) rispettato, con conseguente impossibilità per il datore di lavoro di imporre al dipendente di godere di vacanze in questo periodo.

Sul punto, attenzione a verificare bene se il rapporto di lavoro è soggetto a un Contratto collettivo di lavoro (CCL), che spesso prevede tempi minimi inferiori e che prevale sulle norme generali del CO nel disciplinare lo specifico rapporto di lavoro.

Le vacanze devono essere “effettive”

Altra regola è quella secondo cui il periodo di vacanze deve essere realmente goduto dal dipendente.

Nella fattispecie, è quantomeno dubbio che un lavoratore possa godere le proprie vacanze in regime di isolamento: quest’ultimo quasi totale in Svizera, invero pressoché assoluto in Italia al momento (si pensi, sul punto, ai frontalieri italiani).

I casi eccezionali: e il Coronavirus?

La giurisprudenza ha comunque riconosciuto al datore di lavoro il diritto di “imporre” le vacanze in presenza di giustificate ragioni di natura eccezionale per l’azienda. Va da sé che, se il datore di lavoro ha effettivamente interrotto o fortemente ridotto il proprio lavoro e non rientra nelle categorie delle imprese che possono ottenere aiuti pubblici (indennità di lavoro ridotto, ad esempio), potrebbero considerarsi date le condizioni per impartire al dipendente vacanze a breve termine.

Con più sicurezza si può affermare che, al contrario, il datore di lavoro non può chiedere e men che meno imporre al lavoratore dipendente più vacanze di quelle maturate e/o spettanti per l’anno di lavoro in corso.

Le vacanze dopo il licenziamento

Discorso ancora diverso deve essere fatto se il datore di lavoro licenzia il dipendente. In questo caso la giurisprudenza ha da tempo indicato come gestire la questione del godimento delle vacanze rimanenti. Nello specifico, si giudica il rapporto tra durata del periodo di disdetta e durata delle vacanze rimanenti:

  • se la disdetta è lunga (due o più mesi), il datore di lavoro può pretendere che il lavoratore goda in natura le vacanze rimanenti, sempre che queste ultime non siano ancora in numero rilevante (ad esempio, 15/20 giorni per una disdetta di due mesi);
  • se la disdetta è corta (un mese), il lavoratore può pretendere che vengano compensate in denaro le vacanze rimanenti, anche in questo caso sempre che queste ultime non siano particolarmente brevi (ad es. 3/5 giorni);
  • in ogni caso, se il lavoratore ha un probabile nuovo lavoro, egli è tenuto a godere in natura delle vacanze.

Si tenga presente che si tratta di regole formalizzate dalle decisioni dei giudici, di per sé non univoche, suscettibili di diversa interpretazione sulla base della fattispecie concreta. Tanto più che si tratta di criteri elaborati in tempi “ordinari”, che potrebbero subire eccezioni in questa fase di emergenza sanitaria.

*****

In conclusione, la situazione eccezionale – invero unica nell’esperienza giuridica contemporanea – richiede prudenza nelle soluzioni da adottare, che vanno vagliate caso per caso. Non pare superfluo l’invito a trovare soluzioni condivise e di mediazione, che evitino possibili conflitti che non fanno altro che aumentare le già forti tensioni aziendali.

© Marco Ciamei, avvocato
esperto in diritto del lavoro svizzero e italiano
collaboratore redattore per Boss Editore SA (rivista “Il diritto del lavoro applicato”)

Tags: , , , , , , , , , , , ,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *